top of page

Quando il silenzio parla: il linguaggio invisibile delle relazioni.

  • Immagine del redattore: Donato Abbondi
    Donato Abbondi
  • 19 mag
  • Tempo di lettura: 1 min

coppia che si abbraccia

Viviamo immersi in un mondo che premia la velocità e la parola continua.

Ma che posto ha il silenzio nelle nostre vite? In psicologia, il silenzio è tutto fuorché vuoto. È un linguaggio invisibile, denso di significato. Può esprimere rabbia, disapprovazione, dolore, ma anche attenzione, presenza, empatia.


Nelle relazioni affettive e in quelle professionali, il silenzio può creare connessione oppure distanza. A volte lo utilizziamo per evitare un confronto, altre per lasciare spazio all’altro. E in terapia, il silenzio diventa uno strumento potentissimo: è lì che il paziente può ascoltarsi davvero, senza la pressione di dover dire per forza qualcosa.

Perché ci mette a disagio? Perché tocca punti vulnerabili. Quando il silenzio si prolunga, emergono emozioni che tendiamo a reprimere: insicurezze, paure, domande profonde. Eppure, imparare a stare nel silenzio è un modo per ascoltare meglio se stessi e gli altri.


Prova a pensarci: quanto sei in grado di tollerare il silenzio in una conversazione?

Ti senti subito in dovere di riempirlo? Forse è lì che inizia un lavoro importante su di te. Accettare il silenzio come parte del linguaggio relazionale significa anche sviluppare un ascolto più autentico, più profondo.


Vuoi migliorare le tue relazioni imparando ad ascoltare davvero?

Insieme possiamo farlo.


Donato Abbondi

 
 
 

Commenti


bottom of page